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Seneca rielabora nel suo 'Edipo' il mito dello sventurato sovrano di Tebe, reso celebre da Sofocle, ma il suo intento non è quello di confrontarsi con Sofocle o riprodurre un nuovo 'Edipo re' da cui, peraltro, se ne discosta in maniera significativa in alcune scene. Seneca prende in considerazione il mito di Edipo a partire dalla sua origine, ovvero dalla profezia che in gioventù gli rivelò i futuri crimini di parricidio e incesto. Edipo, nella visione senecana del mito, fugge da Corinto per evitare il suo destino e sembra "imbattersi" nel regno di Tebe per caso. Seneca riflette sui comportamenti assunti da un essere umano cui è stata profetizzata una terribile sorte e ne narra le vicende dal momento in cui razionalmente comprende che questa si sta compiendo. Ne emerge il ritratto di un uomo da sempre angosciato e terrorizzato; complessato, si direbbe oggigiorno.